Alonso Rojas, autore del fumetto japstyle Gotho Namite - Profectus e cartoonist freelancer: animatore e addetto alla preproduzione anche presso la Rai
Approfondimenti

Intervista ad Alonso Rojas (cartoonist freelancer), autore del fumetto japstyle Gotho Namite

Lucca Comics & Games è la più grande fiera del fumetto, di animazione e di giochi d’Italia e d’Europa. Noi di LGDA abbiamo approfittato di questo ritrovo di grandi artisti per intervistare Alonso Rojas, giovane autore di Gotho Namite, fumetto italiano japan style edito dalla 001 Edizioni, vincitore nella categoria “Miglior opera pro” e “Premio finale” degli Yaruki Awards 2017 organizzati da Animeclick.

LGDA: Ciao Alonso, presentati brevemente alla nostra community.
Alonso: Mi chiamo Alonso Rojas, lavoro come cartoonist, in pratica realizzo cartoni animati per la Rai, ma nell’ultimo periodo ho lavorato anche a produzioni estere. Qua a Lucca Comics & Games 2017 sto presentando il terzo volume di “Gotho Namite – Profectus”, un fumetto umoristico sulla figlia di Satana.

L: Bene, passiamo alla seconda domanda, qual è il tuo rapporto con gli anime e i manga?
A: Questa è una domanda interessante. Io non ho un buon rapporto con l’animazione giapponese: mi è capitato solo una volta di lavorare in Giappone ed è stato un inferno. I cartoni animati giapponesi sono realizzati da otaku, da neet, da persone recluse che non vivono se non attraverso uno schermo e questo è un grande problema, perché fa sì che loro non abbiano idea di come si viva in realtà, non sanno come si muovono veramente le nuvole, non sanno com’è camminare a piedi scalzi in giardino, non sanno cose banali riguardo la vita. Tutto questo perché fanno esperienza solo attraverso cartoni e fumetti, e non vivendola sulla loro pelle. E queste stesse persone sono poi coloro che fanno i cartoni. Per questo motivo troviamo in Giappone un mercato pieno di cartoni fatti da otaku per otaku. Ecco perché non ho un buon rapporto con questo mondo; trovo i cartoni animati giapponesi a tratti vomitevoli se non addirittura schifosi.
Ma non è sempre così: a volte può capitare di trovare qualche cartone molto, molto bello, realizzato da persone che capiscono cosa significhi avere dei rapporti interpersonali, dei rapporti veri e per questo motivo riescono a fare cose belle, interessanti e toccanti. Purtroppo non è questa la regola. Secondo me il mercato giapponese è pieno di cartoni per sfigati, non c’è un modo più gentile per dirlo.

L: Hai detto che c’è qualche serie animata giapponese che ti piace, qual è la tua preferita?
A: Il mio anime preferito è Bakemonogatari, ma non l’intero brand, intendo proprio la prima serie dal titolo “Bakemonogatari”. È tratto da una serie di romanzi di Nisioisin, scritti in maniera molto particolare e il modo in cui è stato tradotto il tutto in animazione è magnifico. È un cartone basato interamente sul dialogo, si muovono veramente poche cose.
Qualcuno potrebbe dire: “Un cartone si basa sul far vedere dei movimenti, come fai a farne uno basato sul dialogo?” Lo staff ha risolto il problema con una soluzione grafica molto interessante, un’orgia visiva piena di immagini e colori. In questo senso Bakemonogatari è un lavoro di grafica, non di dettagli o di realismo. Le pose dei personaggi, la loro recitazione, è tutto mirato a richiamare l’attenzione dello spettatore sul dialogo, ed è stupendo. Purtroppo nelle serie successive questa cosa viene ripetuta all’esasperazione e quando un esperimento del genere viene costantemente ripetuto perde l’interesse e l’impatto che ha nello spettatore.

L: Parlando delle Monogatari series, mi viene in mente la trilogia di Kizumonogatari, che anche dal semplice chara design appare molto diversa dalla serie classica.
A: Sì, Kizumonogatari si basa molto di più sull’azione e come stile rimane molto più figurativo proprio perché ha un cambio d’atteggiamento: si basa meno sul dialogo e più sull’azione, sui combattimenti e sui primi incontri dei personaggi presenti. Per questo motivo il cambio di direzione artistica ha senso, non dà fastidio e mi è piaciuto molto. Purtroppo non propone niente di nuovo come fece Bakemonogatari, che per me è stata una rivoluzione, tant’è vero che il modo di ragione di Bakemonogatari si è riflesso in tanti altri cartoni, come Madoka Magica. Gli sfondi di Madoka non sono minimamente realistici, sembrano quasi futuristici, e nonostante questo capisci che è presente tutta un’urbanistica di fondo.

L: Parliamo ora di Gotho Namite: presenta questo fumetto e spiega perché i lettori dovrebbero comprarlo.
A: Allora, io sono pessimo, molto pessimo nel vendere questo fumetto. Quando devo presentare questo fumetto, dico che parla della figlia di Satana, fa ridere, succedono cose, ora vedi te se comprarlo; mentre un buon venditore direbbe molte più cose per rendere più attraente quello che vuole vendere, ma io che posso dire…? Gotho Namite è uno sfogo, io lavoro sempre e di continuo a produzioni di cartoni animati che fanno cagare. Gotho Namite è tutta questa merda, tutto il mio odio verso queste produzioni anche mezze mafiose. Il mio obiettivo è prendere per il culo ed essere il più cattivo possibile. Gotho Namite è un fumetto umoristico cattivo, sputa sopra tutto ciò che potrebbe essere sacro o importante come la vita, la morale, la religione…

L: Assieme ad alcuni miei amici parlavamo proprio riguardo a questo forte umorismo graffiante di Gotho Namite, potresti descriverlo meglio?
A: Allora, dipende sempre dalla sensibilità della persona. Se ad esempio dico a una povera vecchietta religiosa che ha pregato per tutta la vita: “Dio è una p******, una m**** e la religione è una cazzata”, chiaramente questa vecchietta si tapperà le orecchie perché è qualcosa di inudibile e assurdo per lei. Invece coloro a cui l’idea di Dio è sempre sembrata assurda non ne rimarranno toccati. La stessa cosa poi si applica a diversi argomenti presenti all’interno nel fumetto. Ad esempio, come dicevo, l’importanza della vita, della morale, le illusioni che ci creiamo per sopravvivere nella società. Chi è cosciente di queste cose non troverà nulla di dissacrante, ho fiducia che il mio pubblico possa capire o quantomeno trovare qualcosa d’interessante in tutto questo.
Per riassumere, secondo il mio parere di autore, Gotho Namite ha un umorismo graffiante per chi vede la vita con gli occhi di tutti i giorni, per chi pensa che la morale sia la base su cui costruire la società ideale; sicuramente Gotho Namite non è per chi di soffre di depressione, soprattutto perché posso parlare di argomenti poco piacevoli. Non ne parlo mai con serietà, ma posso toccare argomenti che possono far nascere delle domande che potrebbero portare il lettore a deprimersi.

L: Leggendo Gotho Namite, ho notato che utilizzi più stili, anche contemporaneamente, per creare un certo contrasto. Ti va di parlarci di questo aspetto?
A: Sì, il primo contrasto di Gotho Namite è sicuramente l’estetica. Io ho un vantaggio: lavoro realizzando cartoni animati, perciò mi devo adattare a qualunque cosa mi mettano davanti. Devo fare i Transformers? Allora devo studiare come sono fatti, devo capire il motivo di certe scelte di design per poi riprodurlo il meglio possibile. Con Gotho Namite ho creato questa protagonista femminile dall’aspetto molto carino, quasi innocente. Quando però affianchi questo personaggio a eventi o a tavole più crude, come disegni di budella o polmoni, organi umani ben riconoscibili, crei questo contrasto che secondo me è divertentissimo. Io non lo vedo spesso e a me piace molto, ecco perché lo uso.
In Gotho Namite è presente anche un altro contrasto, ed è nei dialoghi. A me piace quando si usano paroloni per descrivere qualcosa di semplice e banale: Gotho Namite ha un umorismo che si basa molto sui dialoghi, per questo motivo si possono trovare balloon pieni di testo. Questa cosa mi fa ridere, perché trovo divertenti le persone che si scervellano per cercare parole complicate quando puoi usare parole molto più semplici per dire esattamente la stessa cosa.

L: Profectus è giunto a metà, tre volumi su sei. Hai già in mente qualcosa per il post-Profectus?
A: Sì, ho qualcosa in mente, ma non vorrei parlarne ora perché non è niente di sicuro. Come progetto personale vorrei fare qualcosa che Gotho Namite non mi permette di fare. Gotho Namite è spinto, ciononostante non posso spingermi oltre una certa soglia di disgusto poiché è un umoristico. Per questo motivo, nel mio spingermi oltre devo mantenere il fumetto umoristico e godibile. Non posso addentrarmi seriamente in argomenti delicati come lo stupro o l’abbandono. Ad esempio, un personaggio di Gotho Namite è disabile. Io non sono in grado di descrivere le difficoltà di un disabile, perché non lo sono e non ho familiari disabili, per cui non mi azzarderei mai e poi mai a esporre come secondo me vivono i disabili, mai.
Io voglio fare qualcosa che richieda un po’ più di studio in questo senso e che mi permetta di raccontare questo tipo di cose, di raccontare con più serietà questi argomenti. Ho alcune idee in mente, ma vedremo, al momento sono completamente preso nel finire Gotho Namite, purtroppo è sempre un “vedremo”. Quindi sì, ho progetti per il futuro e proprio per questo motivo voglio concludere al più presto i 6 volumi di Gotho Namite.

L: Hai detto di lavorare come cartoonist, sia per produzioni italiane, sia per produzioni estere. Puoi raccontarci la tua personale esperienza?
A: È un mondo difficile, complicato e per certi versi poco gratificante. Se vuoi solo disegnare, vieni pagato per disegnare, quindi in questo caso è gratificante. Però rimane sempre il fatto che non disegni quello che vuoi te, inoltre è un lavoro molto faticoso, non riesco a immaginarmi a lavorare per tutta la vita dietro gli storyboard o comunque dietro a produzioni animati. Mi rendo conto che un giorno invecchierò, e con la vecchiaia non potrò rimanere sveglio settimane per completare il lavoro. Ecco, secondo me è un buon lavoro per guadagnare soldi su cui investire in altro e non un lavoro su cui attaccarti tutta la vita. Però sì, sarebbe bello essere un interno in grandi aziende d’animazione come la Rainbow e guadagnare uno stipendio da dirigente, sarebbe molto bello, però i sogni rimangono sogni.

L: C’è qualche lavoro precedente a Gotho Namite di cui vai particolarmente orgoglioso?
A: Mi metti in difficoltà: ho lavorato a tanti progetti, ma non c’è niente che abbia fatto che possa consigliare a chi piace Gotho Namite, questo perché io non ho scritto, né curato l’estetica di qualcosa al di fuori di Gotho Namite, quindi non posso consigliare nulla del genere. C’è un cartone, dal titolo “Star key”, dove ho avuto modo di decidere l’estetica, di gestire i personaggi, gli sfondi. Purtroppo questo cartone non è mai uscito. Ci sono due trailer su internet, il primo veramente molto bello, che sembra quasi un anime giapponese, ma per motivi vari il progetto non è andato a buon fine e ha preso una piega che mi ha costretto ad allontanarmi. È l’unico progetto che mi dispiace abbia fatto questa fine, perché sarebbe stato qualcosa che avrebbe provato che anche qua in Italia abbiamo dei geni, dei mostri dell’animazione che sono sempre lontani dai riflettori semplicemente perché non gliene frega un cazzo e dai quali ho avuto la fortuna d’imparare.

L: Ci puoi raccontare un ricordo divertente della tua carriera?
A: Ahahahah, ne ho tanti. Allora… ne ho uno divertente, ma anche interessante. Quando si lavora in squadra, come nei cartoni animati, spesso non hai il tempo di fare un cazzo. Per questo motivo quando lavori con il direttore artistico devi capirti al volo, devi riuscire a leggergli nella mente. Fortunatamente sono stato assunto in una azienda e messo sotto un direttore artistico con cui lavoravo a stretto contatto: lui mi formava, mi ha preso che non sapevo un cazzo su come fare i cartoni animati e mi ha insegnato tutto. È stato in quel periodo che ho capito l’importanza nel conoscere il direttore artistico. Le prime volte che mi parlava io non capivo, io gli davo un disegno e mi diceva che non andava bene, che dovevo farlo più “yeah!”, e io rimanevo così: “Che cazzo di nota tecnica è?”. Ma quando poi conosci una persona, ci lavori spalla a spalla ogni santo cazzo di giorno, capisci cosa intende, capisci quando dice “falla più carina, ma non tanto carina”, riesci a capire cosa vuole dire. E questa cosa aiuta tantissimo in una produzione.
In un periodo abbiamo dovuto fare un service* e mi sono ritrovato sotto un altro direttore artistico, una persona abituata a lavorare in un altro team e quindi ci siamo ritrovati delle direttive piuttosto strane. Noi non la conoscevamo, lei era a Roma, noi nelle Marche. Allora un giorno le abbiamo mandato delle tavole colorate di personaggi e ci rispose che voleva colori più magici. Noi in azienda abbiamo cercato di capire cosa significasse “colori più magici”, abbiamo ristudiato le varie tavole e provato a capire quali colori fossero magici secondo lei. Al secondo tentativo rispose che il blu andava bene, ma il viola non era abbastanza magico. A quel punto siamo stati un’ora su Skype a parlare per capire cosa intendesse con magico e per capirci entrambi. È stato divertente, ma è anche una di quelle cose che poi paghi, perché poi devi recuperare tutto questo tempo “perso”. Allo stesso tempo rimane una di quelle cose simpatiche perché ti fa comprendere che lavorare in una squadra vuol dire anche conoscersi a vicenda.
*service: lavoro non proprio dell’azienda, un progetto altrui che viene affidato all’azienda in cui si lavora, può essere visto come una sorta di sub-appalto.

L: Abbiamo concluso l’intervista, che ne dici di salutare i nostri fan?
A: No.

Alonso, noi di LGDA ti ringraziamo per il tempo che ci hai concesso tra i tuoi mille impegni lucchesi e ti auguriamo tanta fortuna per tutti i tuoi progetti!

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Ijneb
Un semplice pinguino antartico, attualmente in soggiorno in Italia grazie a uno scambio culturale. Ha una scorta infinita di Kinder Pinguì con cui rinfrescarsi nella afose giornate estive tra la lettura di un manga e l'altro.