Lu Over the Wall
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Uno sguardo agli Oscar: Lu Over the Wall

Lu Over the Wall (Yoake tsugeru Lu no uta) è un film uscito nelle sale giapponesi durante il maggio del 2017, ed arrivato in occidente solo alla fine dello stesso anno, per quanto riguarda l’Italia la disponibilità è soltanto fansub. Il regista è l’acclamatissimo Masaaki Yuasa, il quale ha diretto opere largamente apprezzate quali Devilman Crybaby o Ping Pong The Animation, oltre che The Night is short, walk on girl, film uscito nello stesso periodo di Lu, anch’esso in corsa per aggiudicarsi un posto agli Oscar.

Trama: il protagonista è Kai, un quattordicenne che vive con il padre (divorziato) ed il nonno in una piccola cittadina chiamata Hinashi, la cui economia è basata sulla pesca. Kai non vive grandi emozioni nella sua vita, la quale sembra troppo piatta, ma grazie alla sua passione per la musica riuscirà casualmente ad incontrare una piccola sirena di nome Lu. La trama si muoverà intorno all’esistenza di questa piccola bambina non umana, tra amicizia, curiosità, sfruttamento ed intolleranza.

Negli anni precedenti abbiamo sempre visto trionfare il cinema Disneyano, il quale ha un approccio dinamico, semplice ed adatto a tutti. E sono proprio queste le caratteristiche che a mio parere rendono Lu Over the wall il più papabile per il successo agli Oscar (perlomeno tra le opere di animazione nipponica). Difatti il film rappresenta l’archetipo del “film per tutti” a cui la Disney ci ha abituato da tanti anni.
Yuasa riesce a far suo questo genere, senza però far mancare i tratti distintivi del suo stile, a partire dalle animazioni. L’intero film (a parte per i background, che non sono animazioni in senso proprio) è animato digitalmente in Flash. Yuasa non ha mai dato priorità ai dettagli, ma ha sempre prediletto la dinamicità nella sua regia, la quale infatti non risulta mai statica, in questo film meno che mai. Anzi, è proprio l’irrealismo delle figure, volto ad enfatizzare i movimenti, a farla da padrona.
Questo tipo di approccio risulta estremamente efficace nel valorizzare una delle componenti principali del film: la musica. La musica non solo intesa come fuga e rifugio dalla realtà, ma anche come rivelatrice di nuovi orizzonti e passioni in grado di legare qualunque persona. E quando si parla di musica si parla anche di ballo e movimento. L’apparizione della sirenetta Lu è infatti dovuta proprio alla sua attrazione verso la musica, che esprime soprattutto attraverso il ballo (quando ascolta musica le spuntano due gambe). Le scene di “ballo” sono di grandissima iconicità all’interno del film, poiché in esse si esprime al meglio lo stile di Yuasa. Forme sproporzionate ed esagerate, ma al contempo fluide e coinvolgenti, che riescono a pieno nel loro intento di trasmettere allo spettatore il mood del momento, risultando estremamente efficaci soprattutto verso quelli di giovane età.

Andando oltre lo stile poco convenzionale, a livello contenutistico ci troviamo davanti a qualcosa di sicuramente più lineare e “normale”.
Lu è sicuramente il fulcro della trama, ma un protagonista da non sottovalutare è la cittadina stessa in cui avvengono i fatti: Hinashi. Una cittadina stantia e monotona, in cui sembra esserci posto solo per la pesca. Una cittadina chiusa in sé stessa, come sembra voler simboleggiare il muro dell’Ookage, una costruzione artificiale composta da mattoni, i quali non permettono l’accesso al golfo della città attraverso la scogliera. Una costruzione che in origine doveva semplicemente precludere alle sirene l’accesso al golfo, ma che ora sembrano in tutto e per tutto le sbarre della prigione mentale in cui è rinchiusa la città.
La comparsa di Lu distrugge la sottile ed illusoria stabilità della cittadina, la quale entra in’un’inevitabile crisi. È a partire da questa crisi d’ideali che Yuasa sviluppa la tematica su cui poggia l’intero film: la chiusura mentale. Non solo quella di chi vede ciò che è nuovo e sconosciuto come qualcosa di scomodo, da eliminare, ma anche di chi vede del “nuovo” solo una fonte di guadagno. Ma non è tutto, c’è chi pensa solo al successo, chi solo alla figlia, chi solo alla morte delle sirene. In pratica porge allo spettatore una “storia delle menti chiuse”, sviluppata intorno a persone che non riescono a vedere niente, se non ciò che hanno davanti. Yuasa riesce a sviluppare una critica sociale di spessore in maniera semplice ed efficace, senza troppe pretese. Chiude il tutto con un finale perfetto e coerente, intriso di un significato simbolico facilmente interpretabile.

Un film adatto a tutti, lineare, simpatico ed allo stesso tempo di spessore.
Se non ci riesce lui a spodestare i film occidentali agli Oscar, non ci riuscirà nessuno.

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